Vorrei domandare ad ognuno dei 2016 quanto fa due piú due; sono sicuro che otterrei 2016 risposte diverse: un milione, nove, trecento e cosí via. Vorrei esporre ai loro occhi il colore dell'iride e domandare i nomi dei singoli colori; sono sicuro che una bizzarra confusione dei nomi piú strampalati seguirebbe alla mia domanda. Ed esco dalla colonia assordate le orecchie da quel brusio di paretaio, il cervello confuso da tutto quell'incrociarsi di parole senza senso, di conversazioni interessanti per la forma bislacca, ma che comunque confondono e stancano.
Sono desolato perché non sono riuscito nel mio intento. Perché quei 2016 non m'hanno servito, non m'hanno aiutato a cogliere il segreto della mia pazzia. Ho capito perché la tutela sociale li ha esclusi dalla comunità. Perché essi operando e parlando non seguono una legge che si possa fissare in schema, perché essi non hanno storia, non hanno costumi, non hanno linguaggio. La loro coscienza non ha accumulato attraverso la permeazione sociale, attraverso le innumerevoli esperienze di ogni momento quel complesso di principî, di leggi universali che rendono meno belluino il gomito a gomito degli uomini. Chi non dice che due piú due fa quattro, come insegnano nelle scuole, è pericolo per la società. Chi dice verde il rosso può confondere il sangue con la menta glaciale, e gli uomini non vogliono servire da bibite rinfrescanti ai cervelli e agli stomachi bislacchi.
Ma mi consolo lo stesso. Ci sono tanti sciocchissimi savi, che in fondo la qualifica di matto non è offensiva.
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