Ma, a quanto si dice, indeprecabili, fatali. È sempre successo cosí, e i cattolici ne sanno qualche cosa, essi che attraverso i secoli sono stati i piú strenui difensori della libertà loro, e che hanno tappato con le buone o con le cattive, tante bocche di eretici, e che domandano la semplice libertà che a Pralungo fu negata ai musicanti cattolici. Sempre, quando i diritti della collettività vengono conculcati a benefizio dei singoli, i conculcati si rifanno nei soli modi loro concessi. A Roma mandano in soffitta lo Statuto, a Pralungo entra in esecuzione un nuovo codice, teppistico quanto si vuole, esasperante, umiliante anche, ma fatalmente indeprecabile. I cattolici non capiscono queste cose. E di questa loro limitazione di intelletto incolpano l'educazione nefasta che i socialisti impartiscono alle masse.
(16 agosto 1916).
SCENE DELLA GRAN VIA
La Gran Via è in questo caso un modesto vicolo della vita politica italiana: la regione piemontese, dominata nella sua attività democonservatrice da Giovanni Giolitti. L'uomo che, secondo la devota e servile immagine dei suoi adoratori, rappresenta l'abusato cliché dello schietto spirito paesano, armato di un cappello a larghe falde, rivestito di rude fustagno e calzato delle robuste calzature di montagna, scende al piano, con la pensierosa austerità dei pastori abituati all'aria pura delle alte cime, per ammonire e consigliare il suo re, ha trovato nella regione piemontese un noioso tafano in Delfino Orsi. Un tafano, non un avversario, che dirittamente, lealmente abbia cercato di abbattere questa ridicola idolatria, per uno dei tanti Depretis che il settentrione ha regalato all'Italia.
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