Un tafano che è un ricalco diminutivo dell'uomo che avversa, che gli è fondamentalmente simile nel programma di trasformismo, di confusionismo delle forze politiche italiane, ma che non ha di Giolitti la forza, la volontà, l'abilità di persuasione, la fortuna e l'aiuto della dinastia. Delfino Orsi non si è ancora rifugiato a Parigi, come Giovanni Giolitti a Berlino, dopo i fatti della Banca Romana. Ma se non avesse avuto la fortuna della guerra, che ha creato l'omertà tra i patriotti a buon mercato, ciò avrebbe dovuto succedere. Lo svaligiamento dei contribuenti, attraverso la oculata amministrazione dell'Esposizione del 1911, equivale alle possibili malversazioni e concussioni perpetrate a danno dei clienti della famosa banca. La misura della responsabilità non cambia, se cambiano l'entità e l'estensione della colpa. La baratteria è sempre tale anche se diversi siano Delfino Orsi, amministratore di due milioni e mezzo, e Giovanni Giolitti, ministro e tutore di settanta miliardi di patrimonio. Delfino Orsi, che avversa la guerra libica e poi, a fatto compiuto, a sacrificio inoltrato e ormai indeprecabile e, secondo la tardigrada, paurosa abitudine della mentalità conservatrice, che conserva anche il putrido e il marcio, tanto per rimanere in carattere; e Giovanni Giolitti, che avversa la guerra attuale e poi per mantenersi in istaffa, a fatto compiuto ed a ministero cambiato, glorifica ciò che gli sembrava iniquo, e parla anch'egli di una piú elevata civiltà e di una maggiore giustizia sociale di là da venire per opera dell'eroismo, dovrebbero tutti e due tacere, segregarsi dalle loro vittime, poiché queste non hanno voluto o non hanno potuto dar loro il giusto guiderdone dei meriti indimenticabili.
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