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      Egli è contrario per temperamento a tutti quelli che, come egli dice, possono suscitare dei guai. Ma per guai intende ben altro da ciò che le comuni persone oneste intendono. Guaio è per lui ciò che turba il quieto vivere. E il quieto vivere vuole che le prepotenze siano lasciate consumare, che le ingiustizie siano lasciate consumare. I potenti, dice don Abbondio, sono troppo forti perché si possa loro intralciare il cammino, senza guai. I capitalisti del Minnesota per il «Momento» sono troppo necessari per il mantenimento dell'ordine costituito, perché li si debba combattere per un qualsiasi Tresca. Che un onest'uomo sia sacrificato, ciò non importa. Don Abbondio non è il cardinale Borromeo. Costui aveva, nella fantasia del Manzoni, la scemenza di predicare che per il raggiungimento della giustizia doveva anche farsi perire il mondo. Che per impedire l'arbitrario soffocamento di un uomo, si deve essere pronti a tutte le azioni. Ma per seguire questi precetti non bisogna essere inguainati nella pelle di un coniglio, non bisogna avere troppi interessi mondani da salvaguardare, non bisogna, per esempio, essere cattolici che negli Stati Uniti vogliono prevalga la chiesa apostolica romana senza ragione che non sia quella di Stato, senza ragione che non sia il privilegio concesso dallo Stato. Quando si è privilegiati, o si vuole diventarlo, si difendono anche i privilegi degli altri. E si giustificano tutti gli eccessi di questi privilegi.
      Carneade? So forse io chi sia? So forse neppure se in realtà sia un uomo di carne ed ossa come me?


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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