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      Uno che può essere un martire del socialismo, puah! Lasciamo dunque che sia posto a sedere su quella tal sedia. Un mestatore di meno, un creatore di guai in meno. E don Abbondio si forbisce le labbra dal recente bicchierotto di vino.
      Questa è la sua realtà, e per essa solo è disposto a strillare.
      (4 settembre 1916).
     
     
      I SOLITI MALINTENZIONATI
     
      I giovanotti che trovano piú igienico, sotto ogni punto di vista, bastonare i soldati italiani in convalescenza che indossare essi stessi la divisa, o magari andare nelle retrovie fra gli esploratori, hanno trovato la giustificazione per le loro prodezze. Il caffè S. Carlo dove essi hanno dato la prova della robustezza che è necessaria per i corpo a corpo, era diventato un agguato di neutralisti malintenzionati. Il soldato che non poté levarsi allo scoppio degli inni fatidici, era un fintone, che invece di riportare delle contusioni, ha massacrato mezzo mondo interventista, ecc. È la solita favoletta che si ripete. Colti nel laccio della loro ebete ubriacatura verbale, questi signori che vogliono fare i lupi senza avere ancora neppure i denti del giudizio, accusano la vittima di provocazione, accusano mezzo mondo di provocazione. Non si può sorridere nel vederli passare per le vie sconciamente gesticolanti, in preda a frenesia isterica, senza essere provocatori e austriaci. Non si può avere compassione per l'umile ruolo al quale li ha destinati la polizia, senza essere dei venduti allo straniero. E scrivono l'ennesimo ordine del giorno, e l'ennesima epistola ai giornali per cercare di far pressione sull'animo del pretore che oggi deve giudicarli, per cercare che un non luogo a procedere faccia ignorare il nome dei mascalzoncelli che se la diedero a gambe dopo il fatto, e ora vogliono evitare al loro nome piú o meno nobilesco l'epiteto infamante di arnesi da questura.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





Abbondio S. Carlo