Dove una immigrazione di giovani dalla scuola all'officina non rappresenta un fenomeno notevole, perché non esistendo dei titoli d'esame riconosciuti e garantiti dallo Stato, non è possibile avvenga che un Tizio abbia diritto ad entrare nel liceo o nell'università solo perché è stato per un anno in quinta ginnasiale o in terza liceale, e anche se invece di andare a scuola sia andato al caffè o all'officina. Perché in Inghilterra, non essendoci un protezionismo di Stato sui titoli di studio, gli impieghi e le cariche si dànno solo a chi veramente sa e non a chi è stato per un certo tempo nei ruoli dei provveditorati.
Si dice che in Italia, e l'abbiamo detto anche noi, si è data troppa importanza alla scuola del sapere disinteressato, mentre si è trascurata la scuola del lavoro. Ma il ministro Ruffini mostra di non dare importanza né all'una né all'altra. Crede infatti che la qualità della scuola possa mutare perché gli studenti vanno all'officina. Ma la scuola, se è fatta seriamente, non lascia tempo per l'officina e, viceversa, chi lavora sul serio solo con un grandissimo sforzo di volontà può istruirsi. Innestarle una con l'altra, cosí come si sta facendo, è una delle tante aberrazioni pedagogiche che hanno impedito sempre alla scuola in Italia di essere una cosa seria. Fate che a scuola vada solo chi ha l'attitudine, l'intelligenza e la volontà necessaria, e che la scuola non sia un privilegio di chi può spendere; liberate la scuola dagli intrusi, dai futuri spostati, e obbligate questi a lavorare nel modo che li renda piú utili.
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