I signori censori fanno dell'arte, senza volerlo, e il bulino dell'acquafortista incide spesso piú vigorosamente nell'immagine plastica una realtà di ciò che possa fare il logico piú scaltrito.
(10 novembre 1916).
IL VENTRE
Il demone della contraddizione vorrebbe dettare alla mia penna un elogio del ventre. E sono costretto a riconoscere che il demone non ha tutti i torti. Esso ha incominciato a sussultare il giorno, che incomincia purtroppo ad allontanarsi, in cui fu costretto a sdilinquirsi per la favola di Menenio Agrippa. Oggi è l'egregio avvocato Marconcini, consigliere comunale, che si ripresenta, nuovo Menenio, a favoleggiare sul ventre. E fissa nel ventre la differenziazione tra socialisti e cattolici, e, scrive il «Momento», polemizza col Bebel per la frase, sibillina all'intelligenza del cronista clericale: «La questione sociale è una questione di ventre». Il demone della contraddizione vorrebbe un elogio del ventre. Ma non lo accontento neppure ora, come non l'ho accontentato quando, sul tormentato banco della scoletta, ventre voleva dire tutto ciò che è dolce al palato, e la tentazione era piú forte. Lasciamo pure che vengano elogiati il cervello, l'intelligenza, la ragione e che il povero ventre riceva oltre che le ingiurie del regime di guerra, col pane unico e la restrizione dei consumi, anche le ingiurie teleologiche del prof. Marconcini. Il quale, beato lui, è socialista senza ventre, è socialista generoso, mentre noi siamo socialisti traditori e ingannatori dell'operaio, perché abbiamo la disgrazia di essere nati col ventre.
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