«Mandandola a scuola io intendevo darle la possibilità di apprendere quelle tante cose che da me non sarei stato capace di insegnarle. Ma non intendevo affatto abdicare a ciò che ritengo sia mio massimo dovere e mio compito essenziale a suo riguardo: essere cioè io il maestro dei suoi convincimenti piú profondi, per poter assumermi poi, con piena convinzione, la responsabilità del suo avvenire e del suo comportarsi.
«Questi convincimenti creo in lei seguendo ciò che io ritengo sia la verità, e abituandola, con la persuasione e con l'esempio, a porre sempre come fine delle proprie, anche minuscole azioni, il vero e il giusto. Ogni apriorismo, ogni pregiudiziale assoluta intorno ai fatti è bandito dal mio modo di educazione. Unico apriorismo indiscusso è quello della sincerità, unica pregiudiziale ammessa è quella del disinteresse nella ricerca per la escavazione quotidiana di quegli elementi che devono servire a fare di lei una creatura profondamente umana. Ma io non posso fare tutto. È necessaria l'opera complementare della scuola. Io ammetto che la mia bambina non è diventata cattiva per il fatto che è costretta a sentir recitare quotidianamente il Padre nostro. Ma essa, che è una persona viva, anche se una bambina, e sente profondamente, è disorientata per il fatto che la sua maestra le insegni anche delle cose che il suo papà non le insegna e le spiega diversamente. È turbata per il fatto che ella è quasi sola (solo una sua compagna di famiglia israelita non recita le orazioni) a non compiere quegli speciali atti che tutte le altre bambine compiono.
| |
Padre
|