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      L'on. Quindicilire lo ha affidato alle tante cassette postali della pubblica opinione, e le cassette postali lo hanno accolto nel loro seno capace. Purtroppo fra di esse c'è stato anche il «Bollettino dell'ACT», e dispiace constatare che anch'esso si è ridotto questa volta all'umile ufficio di cassetta acefala, pur dovendo avere una testa che pensi e sappia distinguere tra il grano e il loglio. Perché ciò che scrive l'onorevole sarà grano ottimo, a rendimento ancor maggiore dell'85 per cento, per coloro che se ne devono cibare, per coloro ai quali idealmente era rivolto, e cioè per i lettori della «Gazzetta», del «Messaggero» e degli altri organi ed organetti della democrazia. Ma per i lettori del «Bollettino» esso è loglio, sterile loglio, tutto ciò che di piú loglio possa esistere sulla superficie della terra. E ciò quantunque quella tal cosa che si chiama dovere, non sia diventata, come mostra credere l'on. Quindicilire, «da troppo tempo un mito e una frase retorica». Anzi appunto perché il dovere, non mito e non frase retorica, è sempre vivo e operante nelle loro coscienze. E significa per essi qualcosa di ben concreto: essere coerenti alle loro convinzioni formatesi liberamente, accettate perché il risultato di un libero e disinteressato esame dei dati storici di dominio universale.
      Per il Nofri il dovere ha ora altro significato. Significa essere ritenuto incosciente e settario se non si fa ciò che a lui pare il meglio. Significa «affrontare, ferire, rompere consuetudini inveterate, costumi secolari, mentalità fossilizzate, pregiudizi ciechi», e inoltre «speculazioni politiche e religiose, facenti il loro turpe gioco sulle conseguenze della guerra», come si dice precisamente nel linguaggio della «Gazzetta» e del «Messaggero» e come è lecito faccia un tantino maraviglia nel linguaggio del «Bollettino». E per l'on.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





Nofri