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      Non ci devono essere consiglieri centrali e consiglieri periferici; ci sono pochi consiglieri che fanno il loro dovere e hanno coscienza del loro compito, e moltissimi consiglieri che sono solo delle marionette. Il consigliere è eletto per tutelare gli interessi generali della città, di tutta la città. Se un servizio va male in un certo quartiere, non bisogna rivolgersi alla periferia per le doverose proteste: è tutta la città che è interessata al suo buon andamento. La politica cittadina è un'armonia, socialista o borghese; ma deve essere armonia. Ma c'è sempre un po' di mentalità irredentistica in questi uomini. Di quell'irredentismo piattolone, sermoneggiante, seccantissimo, perché non è la voce di un interesse universale espresso da uno spirito alto, ma è la geremiade guaiolante del politicantismo infecondo, del malcontento impaludato in una zona geografica e non vivificato in una superiore zona dello spirito. E il sermone è noioso, e il sermoneggiatore è seccante e tedioso. Non perché le cose che egli dice non possano anche essere vere, ma perché dicendole in quel modo egli le snatura, le falsa, le rende antipatiche. C'è un privilegio: egli non vuole abbatterlo per creare la giustizia. Vuole solo creare un altro privilegio in contrapposto; mettere una categoria geografica contro l'altra; creare due vampiri, non uccidere il vampiro che ora succhia il sangue della maggioranza. In verità questi signori non sono i rappresentanti della periferia; sono semplicemente dei trafficanti e, per di piú, dei trafficanti imbecilli.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742