È l'uomo che non ha reciproco. Che non comprende gli altri, perché sono uomini ed egli è cane da pagliaio. Che non ha cultura, perché la cultura è saggezza, la saggezza è umanità, ed egli è un cane da pagliaio. Che non conosce la lingua, perché la lingua è patrimonio collettivo, ed egli non fa parte di alcuna collettività, perché è un cane da pagliaio, che latra alla luna quando i raggi furtivamente filtrano nelle fessure del tetto nazionale, e li abbocca a vuoto. È materia grezza, arida, che si può polverizzare e ridurre in polvere da fiuto per eccitare le papille nasali allo starnuto nelle giornate di neve, quando la tristezza universale rende plumbeo il cervello, e l'ideale è raffreddato. Lo starnuto prorompe clamoroso e alleggerisce beneficamente il cervello. E l'animo è grato al Girola da pagliaio per questo benefizio. E gli perdona anche l'iscrizione anacronistica che sarà costretto a rivedere per la riapertura d'esercizio: «Qui si vende la Patria».
(8 marzo 1917).
IL GOLIA, O DELLO SPIRITO
Vorrei scrivere un trattatello sullo «spirito» in genere e sullo «spirito» contemporaneo italiano in ispecie. Vorrei seguire nella trattazione il metodo che in geometria è il piú efficace: la dimostrazione per assurdo. Ho già, su un bel foglio di carta bianca, scritto il titolo del futuro capolavoro: Il Golia, ossia dello spirito. Ma mi manca qualche cosa, ed è di ciò che voglio appunto parlare nella speranza che un munifico Mecenate voglia sovvenirmi coi suoi quattrini per aiutare, in me, le patrie lettere.
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