La libertà di non riverire, di non prostrarsi, si vendica però alla prima occasione. Obbligano a dare veramente importanza ad una cosa che non ne ha affatto. La cosa acquisterà importanza non solo per il saluto, ma anche per l'imprecazione. La preghiera e la bestemmia sono le due facce di una stessa realtà: la incomprensione dell'inconoscibile. Si prega perché c'è l'abitudine di credere; si bestemmia perché c'è l'abitudine di non credere.
Anche l'imprecazione è un omaggio alla divinità: è una forma di polemica, è un'abitudine polemica. I cattolici vogliono imporre l'adorazione del loro totem, quando possono, quando riescono a dar peso giuridico alla loro particolare forma di superstizione, impongono il saluto, la preghiera, la pratica religiosa. È naturale che chi subisce l'imposizione finisca per dare una certa importanza al totem e non riuscendo a dargli importanza positiva, gliela dia negativa e lo imprechi: il fatto è che una certa vita gliela dà, il fatto è che finisce per riconoscergli una certa autorità. Perché mentre impreca al totem dei cattolici, non impreca ai sassi delle vie o agli alberi dei viali, ciò che vuol dire che fa distinzione tra il piccolo oggetto materiale tabú e i sassi e gli alberi.
Pertanto, i cattolici hanno torto ad andare in collera contro i «disgraziati» bersaglieri ciclisti. Probabilmente i «disgraziati» bersaglieri erano da poco ritornati dall'audizione sorda di una messa coatta. Non avevano sentito il totem in chiesa per venerarlo; lo sentirono in istrada per imprecarlo.
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