La città degli artigiani era tutta impregnata della vita artigiana, in tutti i suoi aspetti, in tutte le sue manifestazioni, e perciò anche nel nome delle vie. Ogni nome era un brano di vita, era il ricordo di un momento di vita collettiva. Lo stradario era come un patrimonio comune di ricordi, di affetti, che univa piú strettamente i singoli coi vincoli della solidarietà del ricordo. La borghesia bottegaia ha distrutto questo patrimonio, senza riuscire a sostituirlo con qualcosa di ugualmente vivo. La cortigianeria aulica o la vanità vacua hanno preso il posto della fantasia ricreatrice. Tutti i principi, i regnanti, i ministri, i generali di casa Savoia hanno avuto la loro nicchia, sono stati imposti all'attenzione dei cittadini, che il loro ricordo vorrebbero riempire di soggetti piú degni. L'enciclopedia ha dato il resto. Cosmopoli è la città borghese, cioè una falsa internazionale, una falsa universalità: confusione di valori, regno dell'indistinto, caos disordinato ed antistorico. Michele Lessona è insigne e geniale come Leonardo da Vinci. Elvio Pertinace sembra piú degno di memoria dell'arte dei Carrozzai; un imbecille qualsiasi della storia romana sembra piú insigne di una forma di vita sociale che ha trasformato la storia. Spariscono le popolarissime vie della Zecca, dell'Ospedale, del Deposito, dei Carrozzai, dei Quartieri per i soliti nomi della convenzionalità monumentomaniaca, o per ricordare Quinto Agricola ed Elvio Pertinace. La rozzezza della cultura rigattiera soffoca i palpiti sopravissuti della vita del passato.
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