(12 giugno 1917).
IL FOCOLARE
Il prof. Pietro Romano, presidente del Fascio di tutte le forze interventiste torinesi, da martedì mattina si dibatte nelle strette di un angoscioso problema. Essere o non essere? Fascio o sfascio? Il prof. Pietro Romano è un filosofo, quantunque mai i suoi profondi pensamenti siano riusciti a imporsi alla considerazione dei giudici dei concorsi. Perciò cerca una coerenza fra le diverse sue attività. Come patriota persegue l'ideale della reintegrazione dell'Italia nei suoi naturali confini, come presidente vuole fasciare i nuovi rampolli che ubbidiscono ai suoi cenni presidenziali. Persegue l'unificazione, vuole un focolare. Non c'è famiglia senza focolare, non c'è fascio senza unità, senza contemporaneità di atti, di pensieri, di deliberazioni, ottenuta intorno ad un focolare unico, senza che, in un certo momento, il fascio possa essere imbracciato dai littori, e portato a spasso, per farne ammirare la ben rilucente scure. Il prof. Romano deve, da martedì mattina, risolvere un problema angoscioso quanto quello dei sionisti che si propongono di ridare una patria agli ebrei. Il prof. Romano deve, da martedì mattina, risolvere un problema angoscioso quanto quello di una madre afflitta da numerosa nonché chiassosa prole, cui i padroni di casa si rifiutano di affittare appartamenti. Essere o non essere? Fascio o sfascio? Realtà o vanità? Il prof. Romano ha bussato angosciosamente a tutti gli usci. Si presenta umilmente, cerca nascondere la sua figliolanza; non darà fastidi, non disturberà i vicini, non imbratterà i muri di scarabocchi, il pavimento sarà rispettato.
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