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      Non è chi non veda l'enorme portata del canone 1247 del nuovo Codice. Vi aleggia un po' dello spirito che informa la repubblica greca col presidente ereditario, quale il signor Venizelos ha costituito, ponendo anch'egli una pietruzza alla città di dio che sboccerà, miracolo vivente, nell'«ora dei popoli». Venizelos esplicitamente dichiara che Costantino XII ed ultimo ha abusato del principio legittimista, del diritto divino, calpestando la voce e la volontà del popolo. Benedetto XV non esplicitamente, ma implicitamente, ammette che Pio X ha fallito, non ha interpretato l'anima dei suoi fedeli, concedendo ai malnati di non andare all'inferno se non osservano il precetto della festa per S. Giuseppe. E ha raddrizzato i torti, e ha rimesso nei cardini la verità canonica. L'anima dei fedeli può tranquillarsi, e può gonfiarsi di giòlito. L'èra del legittimismo e del diritto divino in senso assoluto sta per tramontare. Essa si integra con la volontà popolare, e dal contemperamento sboccia la felicità del secolo. Benedetto XV segue e segna egli il nuovo ritmo della storia. Venizelos, Guglielmo II, Lloyd George, Paolo Boselli validamente lo fiancheggiano. Cadono i vecchi scenari: la caserma prussiana ha il voto eguale, le suffragette non ricorreranno piú allo sciopero della fame, i greci venderanno nuovamente fichi secchi e zibibbo all'Inghilterra, le contadine italiane venderanno i «pezzi» della loro dote senza l'autorizzazione maritale, i cattolici di tutto il mondo potranno riuscire ad ottenere che chi non festeggia Santa Rosalia o S. Giuseppe o il Benedetto Cottolengo vada all'inferno.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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