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      Un bolo si squarcia, e lo scarafaggetto grandoliniano ne balza: «Universalista rivoluzionario è colui che pel Diritto sa vivere e sa morire». Voi capite che l'Universalista Grandolini ha fatto una scelta: egli è pel diritto di vivere. «Universalista rivoluzionario è quello che accetta la verità da qualunque parte essa venga, col patto però di non tacerla mai». Quest'aforisma è il programma gnoseologico grandoliniano, è la chiave di volta della sua teoria e della sua pratica.
      Per essa Grandolini raccoglie la verità, fa i boli e questi chiama «sintesi storiche». Una «sintesi storica»: per affermare questo suo spirito di violenza e di predominio «sin dagli antichi tempi elevarono la colossale statua al germano Arminio quale simbolo della forza ed orgoglio della razza. Sin da allora uscirono dalle foreste per affermare all'umanità non tedesca la spietata guerra contro il diritto romano, per asservire le altre razze al loro volere». Le sgrammaticature sono i fuscelli del bolo: anch'esse sono verità accettate da qualunque parte e pertanto integrano la sintesi costruita dal cervello storico di Grandolini, che confonde il tempo e lo spazio e fa sorgere il monumento d'Arminio negli antichi tempi dei guerrieri adorni di penne di pollo. E Grandolini continua. Il diritto, la morale, la scienza, l'atavismo, il militarismo, il socialismo rotolano, si arrotondano, maturano, si squarciano e scarafaggi nascono e sgambettano. «I pontefici del socialismo ufficiale ai loro fedeli fanno credere che anche il socialismo è invenzione tedesca». Ma questa «invenzione» è una «invenzione», perché di socialismo si parlava fin dal tempo di Filone Caldeo e di Sanconiatone Assiro, che Grandolini ha letto nei testi originali; Marx ha imparato il socialismo a Bruxelles, Engels in Francia, e il famoso manifesto non è opera loro: i due furono semplicemente «incaricati di firmarlo», anzi si fecero incaricare perché a firmarlo non fossero altri, e alla Germania rimanesse il predominio anche in questo campo.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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