Diamantino credette sempre di essere bellamente preso in giro dalla rispettabile sua genitrice, e morí fra la fuliggine e la polvere di carbone, convinto che le stelle, il sole, la luna fossero fantasmi nati nel cervello un po' tocco della stanca e affaticata trainatrice di vagoncini.
Ebbene, sí, noi siamo tanti Diamantini, ma non «noi uomini» per rispetto alla pace perpetua, come voleva nella sua conferenza il professor Mario Falchi; ma «noi italiani» per rispetto a una ben piú umile e modesta forma di convivenza civile: la libertà individuale, la sicurezza personale, che dovrebbe essere assicurata a tutti i cittadini dal regime individualista borghese.
Ci agitano dinanzi agli occhi lo spettacolo pauroso dello sfacelo sociale in Russia, dei liberi cittadini russi in balía a tutte le aggressioni, non sicuri dei loro averi, vaganti nelle boscaglie, ricoperti i corpi scheletriti di cenciame, strappantisi vicendevolmente le radici per potersi sfamare. E vi contrappongono la nostra libertà, la nostra sicurezza.
Ma noi siamo come Diamantino. La nostra sicurezza, la nostra libertà, non l'abbiamo mai viste. Ci parlano di un mondo che non abbiamo mai visto, dove non abbiamo mai vissuto.
[Quarantadue righe censurate].
Abbiamo sentito dire che questa libertà, questa sicurezza sono in altri paesi garantite ai cittadini: ne abbiamo notizia dai libri e dai giornali, persone di assoluta fiducia ce l'hanno affermato, alcuni di noi lo hanno potuto constatare durante i loro pellegrinaggi forzati all'estero.
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