Avrete già notato quale rassegnata costanza riportino all'interno i reduci dalle trincee. Pare, ad osservarli, ad accompagnarli, che lo spazio e il tempo siano per loro due categorie abolite. Un chilometro di piú o di meno, bah! una scrollata di spalle, una lisciata a piene mani nei baffi, e sorridono, e riprendono la strada, senza stupori o irritazioni.
È certo che la trincea ha trasformato il carattere di molti italiani, e se ne accorgeranno, dopo la guerra, coloro che di questi mutamenti non si preoccupano, e fidano di aver ancora a che fare con l'abulica indifferenza, coll'allegro menefreghismo d'una volta.
Il veterano dunque mosse in perlustrazione per catturare un po' di cibo rintanato nelle caverne e nelle boscaglie del paese di esercenteria. Batti e scova, trovò la pasta e il burro, non trovò il formaggio. Viaggia, viaggia, in un negozio gli sembrò che la faccia dell'esercente avesse il colore mimetico di alcuni insetti che abitano fra i formaggi, o nel formaggio sogliono presentarsi. Il veterano si stabili dinanzi al bancone, disposto a fermarvisi fino alla consumazione dei secoli o al termine della guerra. Spaventato, l'esercente fece passare qualche tozzo di quel formaggio di capra che il pubblico, commosso e riconoscente per i benefici ricevuti, ha battezzato formaggio del calmiere. E il veterano fermo come una torre. Finalmente l'ottimo esercente, raffinato psicologo, estrasse, coi segni del piú alto giubilo e della piú violenta commozione, un pezzo di formaggio aromatico, giallino, ricoperto delle stigmate piú espressive di una venerabile maturità, e lentamente lo fece transitare sotto le narici del soldato.
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