Da due anni aspettava quel procinto. Leggete i suoi libri (cioè, non li leggete, beh, fate come vi piace!) e sentirete quale desiderio ardente infiammasse lo spirito del poeta; il desiderio era cosí ardente, la fantasia era cosí eccitata, che in qualche poesia il poeta finge addirittura di essere stato nella mischia. Le immagini guerriere sono cosí plastiche che un intelligente industriale potrebbe ricavarne commoventissime cartoline illustrate, cromolitografie da essere conservate nei cartoni del Museo del Risorgimento.
Il desiderio fu frustrato. Con quale accoramento il poeta dovette pronunziare il fatale «obbedisco!» Non piú il dionisiaco fervore della battaglia, la suggestione alata dei bivacchi, la malinconica serenità delle meditazioni in trincea. Non piú. E invece: il poeta diventa burocrate, emargina pratiche, organizza. La fantasia viene aggiogata alla diligenza della praticità, della vile e nauseabonda praticità. Che tragedia, che dramma interiore! Il poeta fa il travet, il poeta si ispira a Mercurio e non alle Muse. Addio, acque di Ippocrene, Apollo agitatore di bellezza e di eleganza, numeri armoniosi! Il poeta emargina una pratica, allinea numeri di cifra arabica. Il poeta ha risposto «obbedisco!», il soldato è disciplinato!
(25 aprile 1918).
LE CONSEGUENZE
Il «Momento» (27 aprile) pubblica questa informazione: «Nella giornata di ieri è stata rimborsata alla nostra amministrazione la somma che rappresenta l'importo dei danni materiali arrecati dagli studenti». Essa è in relazione con questa notizia che il «Momento» ha pubblicato il 26, dopo la narrazione dell'assalto dato ai suoi uffici da un gruppo di studenti:
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