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      Gioca al lotto chi spera arricchirsi senza lavorare, senza spendere energie e attività; ma l'esistenza stabile, vistosa di una organizzazione della possibilità di arricchirsi, ecc. ecc., è una continua, innaturale, artificiosa tentazione. Che fare? Obbligare lo Stato a chiudere i botteghini? Chiamare la folla in piazza ed eccitarla fino a far radere al suolo gli edifizi dove il nido di vespe è situato? Non varrebbe a nulla. Il processo di eliminazione del male deve avvenire spontaneamente, affinché non si suscitino sentimenti di reazione pericolosi e dannosi alla loro volta.
      Ma ecco il processo spontaneo che si rivela in un suo momento. Ignoti truffatori, con bollette vecchie del lotto, sbruffano alcune migliaia di lire. Toh! si può dunque essere truffati col lotto? Chi ancora non aveva pensato a questa probabilità, ci riflette. Nasce un ambiente di sfiducia e di diffidenza. Lo Stato, preoccupato dei suoi gettiti finanziari, corre ai ripari. Carabinieri per tutelare il male, controlli superiori perché il male operi con tutta la sua efficacia. Bene! Il lotto è vulnerato. Esso si regge perché è possibile giocare senza fastidi, senza far conoscere il proprio nome, senza essere seccati. È certo che le giocate diminuirebbero notevolmente solo che i botteghini fossero trasportati dal pian terreno al primo piano. Quanti, per esempio, avrebbero ancora la costanza di giocare, se il botteghino fosse in una soffitta al quinto piano? Solo i piú scalmanati, quelli che hanno la malattia del lotto, che non possono fare a meno di giocare se vogliono mantenersi sani fisicamente.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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