(25 maggio 1918).
IL TABACCO
Mancherà? Non mancherà del tutto? Avremo la tessera del tabacco, o, per dire esattamente, la tessera della possibilità del tabacco?
Non so se Guglielmo Ferrero fumi o annusi. In caso affermativo (lo stimolo del proprio benessere aiuta il pensiero a sdipanarsi meglio) vorrei umilmente supplicarlo di scrivere un libro sull'importanza del tabacco nella storia della società umana e della psicologia dei popoli. Secondo me, il tabacco ha nella storia un'importanza capitale. È il contrassegno unico della civiltà moderna. È documento unico di progresso. È unico segno di distinzione degli individui e delle collettività contemporanee dagli individui a dalle collettività antiche.
Il progresso. Provate a definirlo. C'è progresso intellettuale tra Aristotele ed Emanuele Kant, tra uno schiavo d'Atene e un proletario di Caltanissetta? La capacità di comprendere non è cambiata, la misura dell'intelligenza non è aumentata. È aumentato il numero dei dotti non dei saggi, degli istruiti non degli intelligenti. Il progresso è stato meramente meccanico — e io non lo disprezzo — non è stato progresso qualitativo. Si è imparato a risparmiare, ad economizzare, ecco tutto. Un viaggio di cento chilometri si fa in un'ora, invece che in un giorno, colla ferrovia, invece che colla lettiga, in mille persone servite da cinquanta persone, invece che da una persona sola servita da dieci schiavi. Cambiano i rapporti numerici, non cambiano i rapporti gerarchici, qualitativi. Il Belgio è stato invaso da Guglielmo II coi quattrocentoventi; Giulio Cesare lo invase con la semplice daga dei legionari, espugnò le città con macchine di legno invece che di acciaio.
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