Ed ho continuato a riflettere; e il cinquantenario della prima Messa di don Albera mi è apparso in tutta la sua grandezza simbolica. E siccome nelle grandezze simboliche ricerco sempre le grandezze di «cosa» su cui poggiano, la mia mano, quasi inconsapevolmente, ha preso la matita, la matita, ubbidendo a riflessi inconsci della psiche, è corsa sulla carta, ed ha avuto in cifre la grandezza assoluta del cinquantenario della prima Messa.
Cinquanta anni: 18 262, computando i dodici anni bisestili: 18 262 messe, e quindi 18 262 ostie consacrate che il mite e serafico don Albera ha ieraticamente introdotte nella pura bocca perché fossero, attraverso il santissimo gorgozzule, trasportate nel purissimo stomaco.
Ed ho visto tutta la bianca distesa di queste 18 262 ostie, messe in fila, come le briciole della fiaba, per guidare il mite e serafico don Albera attraverso gli sterpeti della tentazione e il pauroso bosco del peccato: se ogni ostia ha il diametro di cinque centimetri, sono 913 metri e dieci centimetri di ostia consacrata che si allungano in sempiterna tenia. Ed ho visto le 18 262 ostie saldarsi insieme e formare un bianco mantello, e il mite e serafico don Albera ricoprirsi del bianco mantello per presentarsi al tribunale di Giosafat, e uno stuolo di splendidi cherubini sorreggere i lembi, poiché il bianco mantello misura trentacinque metri quadrati, nonché 893175 centimetri quadrati e rotti. E quindi, apoteosi finale, ho visto il mite e serafico don Albera ingrandirsi, ingrandirsi, e appoggiato a un bianco baculo procedere verso l'orizzonte, là dove pare che nella lontana nebulosità la terra si confonda col cielo e gli eletti debbano sconfinare senza che i doganieri diano l'allarme e i campanelli delle reti squillino.
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