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      Ieri l'altro, in occasione della ricorrenza di S. Pietro il soldato Galeoni, che è maestro di musica, veniva pregato dall'aiutante maggiore Dante Vitone di suonare il terzo atto della Bohéme. Il Galeoni assentí e mentre le note in cui vibrava l'anima del povero soldato fluivano rapide sotto le agili dita, fu visto arrestarsi di colpo, alzarsi in piedi, gridando con viva emozione:
      — Ma io parlo adesso!
      «Tempi tristi!» deve aver pensato il redattore del foglio clericale mentre confezionava il pezzo e lo mandava in tipografia. Una volta un fatto simile sarebbe diventato un famoso miracolo, e chi sa quali benefizi sarebbero piovuti addosso alla santa chiesa ed ai suoi ministri! Nel nostro secolo invece un muto riacquista la favella, semplicemente, senza aforismi, senza neppure un triduo, suonando la Bohème. Se almeno avesse suonato il Te Deum, un qualche appiglio per celebrare l'intervento divino vi sarebbe stato, ed allora la notizia avrebbe ben potuto essere lavorata con qualche opportuno ed edificante accenno alla infinita misericordia del padre eterno, che, dopo aver permessa la disgrazia nella sua imperscrutabile sapienza, concedeva la grazia. Il miracolo sarebbe cosí stato fabbricato, e forse un nuovo quadro si poteva aggiungere alla serie degli ex voto che ornano le pareti dei corridoi e delle chiese, a testimonianza della gratitudine verso qualche pressante intercessore celeste di chi poteva sfracellarsi il cranio, ed ha avuto la grazia di rompersi solo un paio di gambe, o di chi ha scampato da una malattia seguendo scrupolosamente le prescrizioni del medico, che della guarigione non ha però merito, mentre sarebbe certo stato una bestia se l'ammalato fosse morto.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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