La va benone: soffrite, o uomini. Il fantasma della morte incomba, unica preoccupazione, assillo mordente, su di voi: la paura dell'agguato vi umilii, pieghi la vostra cervice. La società si sfasci, sia ridotta alle nuda ossa del suo scheletro elementare: gli individui che si sfuggono, che si evitano perché l'uno vede nell'altro il pericolo, il nemico, la tentazione».
Cosí gode la Checca cattolica, cosí trionfa la Checca cattolica. Il suo ideale è lo sfacelo, è la sofferenza, è l'umiliazione dell'umanità. La va bene, per lei; la morale ha vinto, il peccato è stato inabissato e l'arcangelo fiammeggiante per l'occasione si è impersonato nel prefetto, e la spada diamantina è stata la penna del burocrate che ha steso i decreti di chiusura. La va bene; i mariti sono rientrati al focolare legittimo ad ora lecita; la gioventù ha evitato i bagordi delle notti di tempo di guerra; l'epidemia infuria: viva l'epidemia moralizzatrice; viva la morte che la fa andar bene.
Il male è stato punito. Sí, ma anche il bene è stato stroncato, il bene che è la vita fervida, che è l'attività. Non si può uccidere il male senza uccidere il bene; essi sono inscindibili come la luce e il buio, essi sono concetti relativi, che si continuano, e ognuno dei due prende valore dall'altro. La Checca, la pettegola comare cattolica, non comprende queste cose: essa odia la vita, non il male, e odia la vita degli altri, perché gliene sfugge il dominio, perché la vita non vuole essere schiava dei fantasmi del passato cosí come dei padroni del presente.
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Checca Checca Checca
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