Ma la sua esaltazione del morbo micidiale non trova piú le animule tremule. L'incanto è rotto, i fantasmi si dileguano. Progrediscono i crociati zeelandesi e australiani nella liberazione dagli infedeli delle terre che furono teatro dei miti cristiani, e le coscienze non esultano, non trabocca la gioia: l'incanto è spezzato. L'avvento della libertà si è documentato negli spiriti. Cosí la morte non è piú larva dell'inconoscibile, che aleggiando desti il furore mistico ruggente nelle vie e nelle chiese. Non è il piacere il suo scopo, ma non è neppure la purificazione per l'oltretomba. È la purificazione per la vita stessa, che si raggiunge con l'attività creatrice di benessere per dare alla virtú e al dovere il modo di realizzarsi, per tramandare ai venturi condizioni meno laboriose e affaticanti di purificazione. Non è il male nella bellezza, anche se essa cerca la sua espressione in forme ignobili e artificiose; non è il male nelle coscienze cadute originalmente nel peccato, ma è un riflesso dell'esterno, è un riflesso della lotta ineguale, del privilegio ammorbante, attraverso cui si è costretti passare come ad un roveto ardente. E la liberazione è nella lotta stessa, nell'attività creatrice che sfalda e sblocca il passato millenario, nella forza potente che picchia e urta la muraglia del carcere per abbatterla e far entrare la luce.
Ma la Checca stride di gioia per la peste, per la morte che umilia. La lotta e la forza sono per la comare cattolica invenzioni diaboliche.
(9 ottobre 1918).
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Checca
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