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      Rifeci il progetto, studiai, mi immersi in profondissime riflessioni, compilai specchietti, diagrammi, statistiche. L'organizzazione di resistenza guerriera fiorí nello spirito ardente quale lampada inestinguibile: fiorí vasta, complessa, definitiva, come certo nessuna intelligenza (!) espressa dal funesto ed inverecondo seno della cultura germanica avrebbe mai immaginata.
      Lo Stato, secondo il progetto, avrebbe dovuto fissare con esattezza, attraverso i suoi organi amministrativi, quali cittadini fossero indispensabili per la vita di guerra e quali rappresentassero solo un ingombro inutile. Da un parte i soldati, gli operai, maschi e femmine addetti alle industrie di guerra o alle industrie necessarie alla societŕ rinnovata e crivellata, gli agricoltori anch'essi indispensabili e quel minimo di impiegati amministrativi utili per la gestione nuova sociale: una dittatura giovanile ed energica avrebbe dovuto sostituire il governo parlamentare (!), il parlamento, il senato e gli enti locali elettivi; dall'altro i vecchi invalidi e tutta la caterva parassitaria per etŕ o per la non funzione sociale: signore, signorine, signorini, ragazzi, preti, frati, monache, giornalisti, milionari, collaboratori della «Donna» e della «Scena illustrata», abbonati effettivi o virtuali del «Venerdí della Contessa» e della «Gazzetta del Popolo». Ma per non offendere i pregiudizi sociali e d'altronde per conservare intatto il canovaccio su cui si sviluppa il corso delle generazioni e della storia, questi esseri non avrebbero dovuto essere uccisi.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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