Sarebbe bastato sottoporli a una cura di fakiri e conservarli in tombini, in istato catalettico fino alla pace.
Sarebbero sorte nelle campagne sterminate «necropoli di viventi inutili in tempo di guerra», documento del massimo sviluppo della civiltà borghese, che sa far tacere ogni palpito, ogni affetto, ogni ideologia pseudoumanitaria per aver modo di attuare la sua missione nel mondo.
Il progetto era fondato, col piú rigoroso metodo sperimentale e positivo, sul caso Succi; avrebbe anzi servito anche a dimostrare come nel ceto italiano nazionale dei saltimbanchi, giocolieri ed illusionisti si nasconda una miniera di virtú e di energie civili. Succi, che a tanti digiuni si era volontariamente sottoposto in tempo di abbondanza, mi muore quando il digiuno è dovere e civica virtú, insidiosamente insinuando il dubbio che la «necropoli dei viventi inutili in tempo di guerra» non sia un progetto concreto, ma un castello in Ispagna; lo spunto possibile di un romanzo alla Wells o di una novella alla Kipling. Eppure...
Manderò il manoscritto al Presidente della Commissione per il dopoguerra. Poiché nel dopoguerra ci può essere anche una nuova guerra, e non sono che balorde illusioni, degne dei «Felice Umanità», i sogni delle Leghe delle Nazioni, delle paci perpetue e simili grullerie, il progetto potrà essere motivo di utili meditazioni all'on. Pantano e agli altri benemeriti cittadini che si sono sobbarcati al difficile compito di organizzarci una patria piú ammodo, intonacando le screpolature, lucidando i mobili un po' consumati, disinfettando i recessi miasmatici.
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