La censura è il metodo di governo dello Stato italiano rimasto paterno e dispotico sotto la superficiale vernice dell'enfasi democratica. I socialisti devono sempre cercare di spiegare gli avvenimenti e le azioni politiche; essi devono farlo perché hanno una dottrina e devono diffondere le conclusioni alle quali arrivano, perché sono i soli democratici, perché aspirano all'instaurazione della sola democrazia storicamente necessaria ed efficiente: la democrazia sociale. Lo Stato italiano è paterno e dispotico, perché rappresenta cricche particolari e non una classe; esso è la negazione della democrazia liberale perché la volontà dei cittadini conta zero, perché i cittadini non possono avere una volontà concreta, perché lo Stato impedisce che questa volontà sorga, inibendo la discussione, impedendo l'arrivo dei giornali stranieri, anche dei paesi alleati dove pur vige la censura. La censura continua a imperversare, e ciò avviene perché le cricche che ci governano vogliono instaurare anche esplicitamente un governo dispotico, vogliono annullare lo Statuto e le altre garanzie di libertà e di sviluppo delle forze storiche nuove.
(4 novembre 1918).
«AZIONE DIRETTA»
La compagnia Tina Di Lorenzo ha sospeso le rappresentazioni di Prete Pero, commedia in tre atti di Dario Niccodemi.
La commedia è un empiastro nell'ordine artistico, è un affare repugnante nell'ordine pratico-commerciale. Ma nel determinare la sospensione, le ragioni d'ordine estetico o d'ordine morale non hanno influito. La commedia è stata sospesa perché un gruppo di giovani clericali si è impadronito del teatro Alfieri e berciando e rumoreggiando si è imposto agli attori e al grosso pubblico.
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