Audaci drappelli, votati agli scapaccioni, rudi anzichenò, degli operai, prendono d'assalto (o Arditi, milizia che esprimi l'energia immanente della stirpe!) i manifesti annunzianti l'uscita dell'«Avanti!» piemontese e vi affondano voluttuosamente i pugnaletti-temperamatite e i pennini: l'idra proletaria boccheggia per le ferite, e la colla trabocca dagli squarci micidiali. Comizi d'una grandiosa imponenza si radunano dinanzi ai templi della cultura e della educazione nazionale: «Italiani! — rimbomba una voce in cui tutto l'avvenire della stirpe infonde armonia e calore mistico — Soldati! la Gesta non è ancora al suo compimento, morire ancora bisogna: strappiamo i manifesti dell'"Avanti!" e in coro gridiamo: Viva la Dalmazia italiana!» La coscienza sotterranea della stirpe si esprime dalle adorabili rosee boccucce, volano coriandoli e scorze di castagne verso l'alto, dove la nebbia nasconde il sole.
Gli spiriti magni di Vittorio Cian e di Arnaldo Monti stillano intanto dagli occhi commosse rugiade di lacrime nazionali; l'opera diuturna di quattro anni non fu spesa invano; la coscienza della Patria è plasmata; i giornali scriveranno: la volontà del popolo italiano arriverà fino ai responsabili e segnerà l'indirizzo per l'opera ricostruttiva.
Cosí a Torino la Storia partorisce la Nazione rinnovata: cosí l'Alta Cultura universitaria e liceale educa le generazioni nuove. E non si può negare che le tradizioni immanenti nella storia d'Italia non prendano forma. Gli scolaretti disertano le lezioni per ascoltare le concioni: i bimbi d'Italia son tutti Balilla, scrivono poemi immortali con una sassata, escono dal conio materno con infusa la sapienza e la saggezza degli avi.
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