Eppure egli ha torto, egli viene punito. Le parole sono una cosa, la realtà è un'altra. I generali democratici vengono eliminati in tempo di guerra; ci vuole il cattolico Foch non il repubblicano Joffre, il «guerriero» Chiarla non il «generoso romagnolo» Grammantieri, anche se Chiarla non è disciplinato e partecipa a banchetti che hanno un significato politico, che, nella loro minimezza, vogliono contribuire a spingere lo Stato in una intrapresa che potrà porre in rischio i beni e la vita dei cittadini. Chiarla tiene alto lo spirito bellicoso, il «morale» dell'esercito, allena i subalterni all'idea della guerra potenziale nel regime. Egli acquista merito, egli verrà probabilmente promosso «per merito di guerra».
(21 gennaio 1919).
CRISI... IDEALISTICA
Luigi Grandolini si riabbona all'«Avanti!» e dichiara che «il Partito socialista era nel vero, avversando la guerra delle borghesie dominanti». Luigi Grandolini, in una «lettera aperta al segretario politico torinese dell'Unione socialista italiana» — prolissa e sgangherata quanto si addice all'espressione di una esulcerata coscienza in crisi — protesta indignato contro il governo ladro che non mantiene le promesse che Luigi Grandolini ha fatto al «popolo», protesta indignato contro i re, gli imperatori e i presidenti che fanno orecchio da mercante e dimostrano spudoratamente di voler rimanere al loro posto, intestardendosi nel lasciare Luigi Grandolini in condizioni tali da non poter mantenere la parola data al «popolo» che la guerra mondiale sarebbe stata l'ultima delle guerre e la pace vittoriosa — raggiunta con la resistenza e il virtuoso sacrifizio del popolo generoso ed eroico — avrebbe significato disarmo, Stati Uniti del mondo, radicale trasformazione politica economica sociale, Bengodi con salsicce e gnocchi per tutti i diseredati.
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