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(28 agosto 1920).
LE OPINIONI DEL QUESTORE
In questi giorni i nostri compagni, obbedienti alle leggi dello Stato liberale italiano, si sono recati presso l'autorità di P. S. per sottoporre alla sua approvazione i manifesti murali coi quali intendevano far conoscere a tutti i cittadini le loro idee e i loro propositi; han avuto cosí occasione di conoscer ancora una volta per diretta esperienza, in che cosa consiste e quale forma concreta prende questo famoso organismo dello Stato liberale, cui il destino storico ha affidato la tutela e l'amministrazione della libertà dei cittadini italiani. Perché lo Stato liberale è una parola, e una parola è anche la P. S., e sono frasi quelle in nome delle quali si amministra la libertà dei cittadini, prima fra tutte la libertà di esprimere in pubblico le proprie idee. Queste frasi, che si possono a propria voglia ripetere, l'interesse pubblico, la cura della tranquillità, la ragione di governo, se volete, non dicono ancora nulla della natura e della realtà dello Stato liberale italiano.
Se volete sapere qualcosa di concreto, dovete entrare in un ufficio statale, in una questura, in una prefettura. Ivi, nel gabinetto di un questore, nell'anticamera di un prefetto voi trovate lo Stato italiano che da verbo si è fatto carne, ha cessato di essere idea per diventare un uomo, un funzionario, se volete, ma una realtà che potete osservare, sperimentare, studiare.
Il questore della città di Torino, ad esempio, è convinto di questa transustanziazione, di questa incarnazione dello Stato che in lui avviene.
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