(9); e così Firenze e Roma diedero i loro più grandi genî nell'epoca della loro maggiore libertà, anzi dell'anarchia. E qui ricordo di nuovo come debba sfatarsi l'idea che all'aristocrazia chiusa di Venezia negli ultimi secoli fa merito della sua grandezza; così come quell'altra, pure erronea, che attribuisce la ricchezza in Roma ed Atene ad Augusto o a Pericle. Tale ricchezza, formatasi durante i periodi di libertà anche eccessiva, non avendo avuto tempo di scomparire nelle prime epoche della tirannide, si volle attribuire a questa invece che a quella; ma la tirannide non fece che accogliere gli ultimi frutti della libertà per vantarsene e per disperderli.
Tacito lo nota pei genî romani: "Postquam bellatum apud Actium atque omnem potentiam ad unum conferri paci interfuit magna illa ingenia cessere"; come altrettanto affermava Leonardo Bruni per Firenze nella Laudatio urbis Florentinæ (Livorno, 1789, pag. 16) contro la leggenda che ne attribuisce la grandezza al mecenatismo mediceo.
E ciò ben si comprende perchè il governo di molti, anche se troppo libero, mette in opera tutti gli ingegni e ne accoglie le nuove idee; mentre la tirannide, nemica, fin dal tempo dei Tarquinî, di ogni elevatezza individuale, tenta sopprimerla e soffocarne ad ogni modo i conati; e quindi è più facile che giovi allo sviluppo dell'arte e della politica una libertà anche sfrenata che non un governo dispotico, sia pure inspirato da un uomo di genio.
Chi può paragonare la produzione letteraria ed artistica sorta a Parigi sotto Napoleone con quella della grande epoca fiorentina e ateniese?
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