Uno spirito nato a trasalire per le vibrazioni del bello come le corde dell'arpa, costretto fino allora fra le esose spire grammaticali e fratesche, all'improvviso si immerge nelle gioie dell'Ariosto. Ogni uomo desidera il paradiso a modo suo; per me il paradiso è l'anima di quel tempo, è messer Ludovico. Desinavo coll'Orlando accanto al pane, cenavo egualmente e il padre doveva spegnermi il lume per mandarmi a letto. Cosa io valga non so; questo vedranno i posteri; ma se qualche cosa valgo, lo devo all'Ariosto"(15).
Qui si vede chiaramente espressa la portata dinamogeno-emotiva di una data impressione su un uomo geniale nell'epoca della pubertà, malgrado l'educazione lo abbia disposto in senso contrario a quelle che erano le sue vere tendenze.
Un analogo esempio ci è offerto da Galileo, che l'educazione spingeva agii studi classici, o di medicina teorica, o di musica (Vedi sopra), e fu spinto dalla vista del dondolamento d'una lampada sospesa ad ideare il pendolo, e agli studi di matematica e di astronomia, tanto più se si pensi che applicazioni sempre nuove del pendolo ritornano alla sua mente in quasi tutte le epoche della sua vita, fin presso alla morte: quando studia medicina, nel 1583, lo applica alla misura del polso; appena iniziatosi agli studi astronomici, lo adatta alla misura delle stelle e del tempo, come si vede da una sua lettera del 1657 a Reagli; e, infine, quando, già cieco, nel 1641, è vicino a morte, pensa - scrive Viviani al Duca - che quel suo misuratore del tempo sarebbesi potuto applicare agli orologi; e fu solo la cecità, rendendone informi i disegni, poi la morte che impedirono a lui di completare così l'opera iniziata a 17 anni nel duomo pisano(16).
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