Come dovesse morire lo Zio Tom le fu rivelato al punto solo di scrivere; perciō anche nella prefazione dichiarō non essere la vera autrice del romanzo(33).
J. W. Cross scrive nella Vita di George Elliot: "Essa mi raccontava che quelli, che essa considerava come i suoi migliori scritti, erano effetto di un'estasi, di un non so che, che si impossessava di lei, e di cui si sentiva non essere pių altro che uno strumento passivo, attraverso al quale lo stesso spirito agiva e parlava"; il che deve porsi in rapporto con quanto Barret C. B. Alexandre osservava in George Elliot(34) durante la fanciullezza, preda a terrori notturni, a parossismi e cefalee che le rimasero per tutta la vita.
Il De Sanctis, nel suo lavoro Sui sogni, narra di Gerardo di Nerval, che, nelle ultime settimane di sua vita fortunosa, quando era intento a scrivere La ręve et la vie, spesso - egli stesso confessa - si sentiva trascinato nella sfera dei sogni, posseduto interamente da un altro che lo rapiva al mondo reale. E, secondo confidō a Flaubert, qualche cosa di simile accadeva a George Sand: "Quando scriveva, non era lei a scrivere, ma era l'altro che la prendeva, che la inondava, che la possedeva tutta; quando l'altro mancava, taceva l'inspirazione".
Recentemente il Cabaneix, nel suo curioso lavoro: Le subconscient chez les artistes, ci ha mostrato come il subcosciente nel sogno e nella dormiveglia abbiano un'immensa parte nell'opera artistica, sia con immagini ipnologiche, come in Maury, Tolstoi, sia con vere allucinazioni, come in Palissy, Richepin, o in una specie di sonnambulismo vigile, come in Socrate, Blacke, Mozart; molti scrittori contemporanei, da lui consultati, come Mauclaire, Saint-Säens, Janet, Sully, gli confessarono essere il subcosciente il fermento della loro creazione.
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