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      Max Müller non godè che il solo canto di Lind. "Sono - ci scriveva - tardo ai suoni come altri ai colori". Anche Max Buckle, come Macaulay, per quanto avesse meravigliosa memoria, non poteva distinguere un'armonia dall'altra; e Humphrey Dawis sentiva così poco la musica, che non poteva marciare in tempo quando era soldato. E così Carlo Lamb e Jean Stanley.
      Beaumarchais sentenziò: "Tutto ciò che non è atto a scriversi, lo è al canto".
      A tutti questi genî, odiatori di musica, opponiamo Aristotele, che fa della musica il pernio dell'educazione morale: Musset, che dice: "È la musica che mi fa credere in Dio". Daudet pare che amasse qualunque specie di musica di Chopin; il Bethoven amava il tamburino come l'organino perfino le campane; ogni suono parlava per lui. "Ogni musica - diceva - mi ispira. Wagner m'ipnotizza, il violino degli zingari mi ha fatto lavorare".
      Nell'Uomo di genio dimostrai quanto Alfieri fosse sensibile alla musica. Milton era eccellente musico. Coleridge diceva che "la musica lo rinfrescava". Addison aveva "eccellente criterio musicale". E così De Quincey e Gratry. Moore dice che "la musica è la giusta interprete della religione; niente parla all'anima come essa". Sidney Smith: "Ogni suonatore è un uomo felice".
      Darwin amava la musica, e così Elliot e Kemble. Burns non solo era un amante della buona musica, ma sapeva suonare il violino. I suoi canti erano ispirati da canzoni musicate, popolari, ed amava sentirsele suonare.
      Carlo Reade, romanziere, ricorreva alla musica come alla più nobile delle ricreazioni.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte II (origine e natura geni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1902 pagine 193

   





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