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      La lor fantasia è velocissima, e con empito raggira le Immagini sue. Son pieni di spiriti sottili, mobili e rigogliosi. E perchè l'umor malinconico acceso dal collerico, secondo l'opinione di alcuni, suol facilmente condurre l'uomo al furor poetico, perciò negli eccellenti Poeti suole accoppiarsi l'uno e l'altro umore in gran copia, e formare in tal maniera il temperamento loro" (libro III, cap. II)(114).
      E altrove: "È necessario che i Poeti sieno vivacissimi, che l'Anima loro sia rapita, quando uopo il richiede, dal furore e s'avvicini in certa guisa all'Estasi, ed all'astrazion naturale per non dire alla Manìa"(115).
      Infine conchiude che: "dalla malinconia, madre delle Chimere, son renduti i Poeti, sospettosi, astratti; e alle volte non sono stati lungi dall'essere creduti pazzi e furiosi, come sappiamo che avvenne al Tasso nostro, e per relazione d'Aristotele anche a Marco Siracusano, e ad altri poeti".
     
      Quadrio(116), nella sua Storia e ragione d'ogni poesia, lib. I, Bologna, 1739, ha vagliato sottilmente la questione della natura del genio per quanto riguarda i poeti, valendosi della fisiologia e dell'anatomia dell'età sua. Egli dimostra l'influenza dell'aria (i moderni la dicon clima) sulla creazione poetica: "Non è senza ragione che tra le cose, le quali aiutano l'attitudine alla Poesia, l'aria occupi il primo posto... Dimostracisi ogni giorno questa verità da diversi umori, e da differenti caratteri che han le persone di diversi paesi. Il Cielo crasso di Tebe faceva gli abitatori stupidi; quello di Abdera li faceva rozzi; quello di Theman prudenti; quello di Atene acuti.


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Nuovi studi sul Genio.
Parte II (origine e natura geni)
di Cesare Lombroso
Sandron Editore
1902 pagine 193

   





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