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      Le Spugne così raccolte dal seno del mare contengono della sabbia, dell'argilla disseccata, per cui prima si nettano, poi si battono e si lasciano per qualche tempo macerare in acqua dolce; si puliscono, si strizzano lavandole a più riprese, per liberarle dalle impurità e dalla materia animale che racchiudono; poi si bagnano nell'acqua acidulata debolmente, cioè a 8 o 10 gradi, e si lavano a grand'acqua per togliere loro dei sali calcarei che le incrostano, e quelli che appartengono allo scheletro o gusci di altri animali cresciuti sulle Spugne medesime, o a frammenti di conchiglie. Talvolta le Spugne si guastano, volendo togliere dei ciottoli o altri corpi estranei inclusi nella loro trama. Ultimamente si è impiegato l'acido solforoso e soprattutto il cloro per imbianchire le Spugne, e tal pratica è riuscita benissimo. La si usa però solo per le Spugne da toeletta, poichè ne indebolisce il tessuto, e rendendole più morbide dà loro più valore.
      Con queste operazioni, la Spugna quale è messa in commercio è costituita da quella trama di fibre cornee o cartilaginose, più o meno fitte, più o meno fini, non tubulari, ma piene, e costituenti delle aperture di varia dimensione. La composizione chimica di queste Spugne è stata studiata da molti autori. Eccone i resultati. La sostanza organica o fibra elastica delle Spugne presenta gli stessi caratteri che la materia fibrosa della seta. Si rammollisce al fuoco come i peli ed il corno, e dà alla distillazione una quantità considerevole di carbonato di ammoniaca.


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Spugne e Coralli
di Pietro Marchi
Editore Treves Milano
1870 pagine 25

   





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