Io devo le esatte notizie sull'Ingegno e su tante altre cose relative alla pesca e commercio del Corallo, all'amicizia del professore di Anatomia comparata dell'Università di Napoli dottor Paolo Panceri che alcuni anni fa trattò magnificamente questo argomento del Corallo in faccia a numerosissimo uditorio, del quale facevan parte moltissimi armatori e lavoratori di Corallo.
Avviene talora che la croce dell'Ingegno resti sotto uno scoglio o intricata in qualche modo: ed allora i pescatori adoperano due ordigni chiamati Tortolo e Sbiro, il primo dei quali serve per ispezzare la roccia, il secondo per distrigare la croce dai suoi impedimenti. Sono proibiti dove si pesca il corallo, gli ordigni in ferro, le draghe, le macchine che servono a raschiare il fondo e che perciò nuocciono alla riproduzione e all'accrescimento successivo del Corallo. Nè si può con una campana da Palombaro, o con un battello sottomarino andare al fondo a raccogliere direttamente i rami del Corallo, per la grande difficoltà che reca la ineguaglianza dei fondi coralligeni, e per la soverchia pressione dell'acqua soprastante, che se stanca notevolmente a 20 metri di profondità, ben può immaginarsi come stancar debba a 100, a 150 e più metri.
Alla pesca del Corallo fatta col sopra descritto Ingegno, prendono parte circa 460 barche coralline cioè 300 di Torre del Greco, 100 della Liguria e della Sardegna, e 60 di Livorno. Ognuna delle grandi barche che carica fino a 14 e anche 16 tonnellate costa lire italiane quattromila; ognuna delle piccole o gusci ne costa duemila, impiegando così un capitale complessivo di lire 1,770,000.
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