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      Il vivo o Corallo propriamente detto è formato da cespi ed alberetti, di cui il migliore è posto sopra gli altri nelle casse ed è chiamato capo testa. I cespi diconsi bennati, se a rami distinti e dritti, malnati se contorti e coniugati.
      Barbaresco, tronchi e frammenti.
      Terraglia, piccoli ramuscoli rami terminali o punte.
      Raspatello, frammenti e scarto.
      Mole guaste, radici e basi dei cespi irregolari, nodose, tarlate.
      Corallo bianco è la varietà bianca, la quale non riesce mai a grandi dimensioni, e trovasi nelle casse commisto al raspatello ed alle mole guaste. Se si isola e si vende a parte, vien pagato il doppio del rosso.
      Il Corallo morto si distingue in chiaro o ricaduto e in bruciato. Del primo sono i rami strappati caduti dalla rete e da qualche tempo giacenti morti nei fondi e detto perciò ricaduto; è senza corteccia, tarlato, incrostato, infangato, per la qual cosa dicesi chiaro. Chiaro o morto dicesi anche nell'industria, perchè scolorito e giallo.
      Del secondo o bruciato sono i rami morti e anneriti alla superficie, e più o meno anche nell'interno; può esser anche con macchie nere sparse ed irregolari.
      Tutto questo Corallo è spedito principalmente a Napoli, a Livorno, a Genova, ove è poi lavorato in 11 laboratorii a Torre del Greco, 20 a Genova, 15 a Livorno ed in altrettanti a Napoli. Gli operai addetti a questi laboratorii guadagnano in media 833 lire l'anno per ciascuno, e giungendo a circa 6000, guadagnano complessivamente 5 milioni di lire.
      Le denominazioni date nell'Industria al Corallo lavorato, sono varie secondo il colore.


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Spugne e Coralli
di Pietro Marchi
Editore Treves Milano
1870 pagine 25

   





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