dell'onde vïatrice ultima uscireCrisëide. All'altar l'accompagnava
l'accorto Ulisse, ed alla man del carogenitor la ponea con questi accenti:
Crise, il re sommo Agamennón mi mandaa ti render la figlia, e offrir solenne
un'ecatombe a Febo, onde gli sdegniplacar del nume che gli Achei percosse
d'acerbissima piaga. - In questo direl'amata figlia in man gli cesse; e il vecchio
la si raccolse giubilando al petto.
Tosto dintorno al ben costrutto altarein ordinanza statuîr la bella
ecatombe del Dio; lavâr le palme,
presero il sacro farro, e Crise alzandocolla voce la man, fe' questo prego:
Dio che godi trattar l'arco d'argento,
tu che Crisa proteggi e la divinaCilla, signor di Tènedo possente,
m'odi: se dianzi a mia preghiera il campoacheo gravasti di gran danno, e onore
mi desti, or fammi di quest'altro votocontento appieno. La terribil lue,
che i Dànai strugge, allontanar ti piaccia.
Sì disse orando, ed esaudillo il nume.
Quindi fin posto alle preghiere, e sparsoil salso farro, alzar fêr suso in prima
alle vittime il collo, e le sgozzaro.
tratto il cuoio, fasciâr le incise coscedi doppio omento, e le coprîr di crudi
brani. Il buon vecchio su l'accese scheggele abbrustolava, e di purpureo vino
spruzzando le venìa. Scelti garzonial suo fianco tenean gli spiedi in pugno
di cinque punte armati: e come fûrorosolate le coste, e fatto il saggio
delle viscere sacre, il resto in pezzinegli schidoni infissero, con molto
avvedimento l'arrostiro, e posciatolser tutto alle fiamme. Al fin dell'opra,
poste le mense, a banchettar si diero,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Ulisse Agamennón Febo Achei Dio Crise Crisa Tènedo Dànai
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