Esso intanto l'eroe capaneìderimontato il suo cocchio, e in man riprese
le riluccnti briglie, allegramentede' cavalli sonar l'ugna facea
dietro il Tidìde che coll'empio ferrol'alma Venere insegue, la sapendo
non una delle Dee che de' mortaligodon le guerre amministrar, siccome
Minerva e la di mura atterratricetorva Bellona, ma un'imbelle Diva.
Poiché raggiunta per la folta ei l'ebbe,
abbassò l'asta il fiero, e coll'acutoferro l'assalse, e della man gentile
gli estremi le sfiorò verso il confinedella palma. Forò l'asta la cute,
rotto il peplo odoroso a lei tessutodalle Grazie, e fluì dalla ferita
l'icòre della Dea, sangue immortale,
qual corre de' Beati entro le vene;
ch'essi, né frutto cereal gustandoné rubicondo vino, esangui sono,
e quindi han nome d'Immortali. Al colpodied'ella un forte grido, e dalle braccia
depose il figlio, a cui difesa Apollo
corse tosto, e l'ascose entro una nube,
onde camparlo dall'achee saette.
Il bellicoso Dïomede intanto,
Cedi, figlia di Giove, alto gridava,
cedi il piè dalla pugna. E non ti bastasedur d'imbelli femminette il core?
Se qui troppo t'avvolgi, io porto avvisoche tale desteratti orror la guerra,
ch'anco il sol nome ti darà paura.
Disse; ed ella turbata ed affannosapartiva. La veloce Iri per mano
la prese, la tirò fuor del tumultocarca di doglie e livida le nevi
della morbida cute. Alla sinistradella pugna seduto il furibondo
Marte trovò: la grande asta del Nume
e i veloci corsier cingea la nebbia.
Gli abbracciò le ginocchia supplicandola sorella, e gridò: Caro fratello,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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