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      sul giogo de' corsier la Dea sì disse:
      Tidèo per certo generossi un figlioche poco lo somiglia. Era Tidèo
      picciol di corpo, ma guerriero; e quandoio gli vietava di pugnar, fremea.
      E quando senza compagnìa venutoambasciatore a Tebe io co' Tebani
      ne' regii alberghi a banchettar l'astrinsi,
      non depose egli, no, la bellicosaalma di prima, ma sfidando il fiore
      de' giovani Cadmei, tutti li vinseagevolmente col mio nume al fianco.
      E al tuo fianco del pari io qui ne vegno,
      e ti guardo e t'esorto e ti comandodi pugnar co' Troiani arditamente.
      Ma te per certo o la fatica oppresse,
      o qualche tema agghiaccia, e tu non seipiù, no, la prole del pugnace Enìde.
      Ti riconosco, o Dea (tosto risposeil valoroso eroe), ti riconosco,
      figlia di Giove, e di buon grado e nettamia ragione dirò. Né vil timore
      né ignavia mi rattien, ma il tuo comando.
      Non se' tu quella che pugnar poc'anzimi vietasti co' numi? E se la figlia
      di Giove Citerea nel campo entrava,
      non mi dicesti di ferirla? Il feci.
      Ed or recedo, e agli altri Achivi imposid'accogliersi qui tutti, ora che Marte,
      ben lo conosco, de' Troiani è il duce.
      E a lui la Diva dalle luci azzurre:
      Diletto Dïomede, alcuna temadi questo Marte non aver, né d'altro
      qualunque iddio, se tua difesa io sono.
      Sorgi, e drizza in costui gl'impetuosituoi corridori, e stringilo e il percuoti,
      né riguardo t'arresti né rispettodi questo insano ad ogni mal parato
      e ad ogni parteggiar, che a me pur dianzie a Giuno promettea che contra i Teucri
      a pro de' Greci avrìa pugnato; ed oraimmemore de' Greci i Teucri aiuta.


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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