ei sì, dimani, all'apparir del Sole.
Così immortal foss'io, né mai vecchiezzavïolasse i miei giorni, ed onorato
foss'io del par che Pallade ed Apollo,
come fatale ai Greci è il dì futuro.
Tal fu d'Ettorre il favellar superbo,
e gli fêr plauso i Teucri. Immantinentesciolsero dal timone i polverosi
destrier sudati, e colle briglie al carrogli annodò ciascheduno. Indi menaro
pecore e buoi dalla cittade in fretta.
Altri vien carco di nettareo vino,
altri di cibo cereale; ed altricataste aduna di virgulti e tronchi.
Rapìan l'odor delle vivande i ventida tutto il campo, e lo spargeano al cielo.
Ed essi gonfi di baldanza, e in tormebelliche assisi dispendean la notte,
tutta empiendo di fuochi la campagna.
Siccome quando in ciel tersa è la Luna,
e tremole e vezzose a lei dintornosfavillano le stelle, allor che l'aria
è senza vento, ed allo sguardo tuttesi scuoprono le torri e le foreste
e le cime de' monti; immenso e purol'etra si spande, gli astri tutti il volto
rivelano ridenti, e in cor ne godel'attonito pastor: tali al vederli,
e altrettanti apparìan de' Teucri i fuochitra le navi e del Xanto le correnti
sotto il muro di Troia. Erano milleche di gran fiamma interrompeano il campo,
e cinquanta guerrieri a ciaschedunosedeansi al lume delle vampe ardenti.
Presso i carri frattanto orzo ed avenai cavalli pascevano, aspettando
che dal bel trono suo l'Alba sorgesse.
LIBRO NONO
Queste de' Teucri eran le veglie. Intantodel gelido Terror negra compagna
la Fuga, dagli Dei ne' petti infusa,
l'achivo campo possedea. Percosso
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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