ritirossi il Pelìde, ed al suo fiancolesbia fanciulla di Forbante figlia
si corcò la gentil Dïomedea.
Dormì Patròclo in altra parte, e a latoIfi gli giacque, un'elegante schiava
che il Pelìde donògli il dì che l'altaSciro egli prese d'Enïeo cittade.
Giunti i legati al padiglion d'Atride,
sursero tutti e con aurate tazzee affollate dimande i prenci achivi
gli accolsero. Primiero interrogolliil re de' forti Agamennón: Preclaro
della Grecia splendor, inclito Ulisse,
parla: vuol egli dalle fiamme ostiliservar l'armata? o d'ira ancor ripieno
il cor superbo, di venir ricusa?
Glorïoso signor, rispose il saggiodi Laerte figliuol, non che gli sdegni
ammorzar, li raccende egli più sempre,
e te dispregia e i tuoi presenti, e diceche del come salvar le navi e il campo
co' duci achivi ti consulti. Aggiunsepoi la minaccia, che il novello sole
varar vedrallo le sue navi; e gli altria rimbarcarsi esorta, ché dell'alto
Ilio l'occaso non vedrem, dic'egli,
giammai: la mano del Tonante il copre,
e rincorârsi i Teucri. Ecco i suoi sensi,
che questi a me consorti, il grande Aiace
e i saggi araldi confermar ti ponno.
Il vegliardo Fenice è là rimastoper suo cenno a dormir, onde dimani
seguitarlo, se il vuole, al patrio lido:
non farà forza al suo voler, se il niega.
D'alto stupor percossi alla ferocerisposta, tutti ammutoliro i duci,
e lunga pezza taciturni e mestisi restâr. Finalmente in questi detti
proruppe il fiero Dïomede: Eccelso
sire de' prodi, glorïoso Atride,
non avessi tu mai né supplicatoné fatta offerta di cotanti doni
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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