fortissimo Focense che sua stanza,
di molta gente correttor, teneanell'inclita Panòpe. A mezza gola
colpillo, e tutta al sommo della spallala ferrea punta gli passò la strozza.
Cadde il trafitto con fragore, e cupos'udì dell'armi il tuon sopra il suo petto.
Aiace di rincontro in mezzo all'epadi Fenòpo il figliuol Forci percosse,
forte guerrier che messo alla difesad'Ippòtoo s'era. Il furioso ferro
ruppe l'incavo del torace, ed altone squarciò gl'intestini. Ei cadde, e strinse
colla palma il terren. Dier piega allorai primi in zuffa, ripiegossi ei pure
l'illustre Ettorre, e con orrende gridad'Ippòtoo e Forci strascinâr gli Argivi
le morte salme, e le spogliâr. Compresidi viltade i Troiani, e dalle greche
lance incalzati allor verso le rocchesarìan d'Ilio fuggiti, e avrìan gli Argivi
contro il decreto del tonante Iddio
in lor solo valor vinta la pugna,
se Apollo a tempo la virtù d'Enea
non ridestava. Le sembianze ei presedell'Epitide araldo Perifante,
che in tale officio a molta età venutodel vecchio Anchise nelle case, istrutta
di fedeli consigli avea la mente.
Così cangiato, a lui disse il divinofiglio di Giove: Enea, l'eccelsa Troia
contro il volere degli Dei periglia.
Ché non la cerchi di salvar? l'esemploché non imiti degli eroi ch'io vidi
d'ogni cimento trïonfar, fidàtinel valor, nell'ardir, nella fortezza
del proprio petto e delle molte schiereche li seguìano, invitte alla paura?
Più che agli Achivi, a noi Giove per certoconsente la vittoria; ma chi fugge
trepido e schiva di pugnar, la perde.
Fisse a tai detti Enea lo sguardo in viso
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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