di strascinarlo entro le mura, e quellialle concave navi. Ognor più fiera
sull'estinto sorgea quindi la zuffa,
tal che Marte dell'armi eccitatorenel vederla e Minerva anche nell'ira
commendata l'avrìa. Tanta in quel giornodi cavalli e d'eroi Giove diffuse
sul corpo di Patròclo aspra contesa.
Né ancor del morto amico al divo Achille
giunt'era il grido: perocché di moltodalle navi lontana ardea la pugna
sotto il muro troian; né in suo pensierodi tal danno cadea pure il sospetto.
Spera egli anzi che dopo aver trascorsofino alle porte, ei torni illeso indietro:
né ch'ei possa atterrar d'Ilio le murasenza sé né con sé punto s'avvisa,
ché del contrario l'alma genitricefatto certo l'avea quando in segreto
a lui di Giove riferìa la mente;
e il fiero caso occorso, la cadutadel suo diletto amico ora gli tacque.
In questo d'abbassate aste lucentie di cozzi e di stragi alto trambusto
su quell'esangue, dalla parte acheagridar s'udìa: Compagni, è perso il nostro
onor se indietro si ritorna. A tuttis'apra piuttosto qui la terra; è meglio
ir nell'abisso, che ai Troiani il vantolasciar di trarre in Ilio una tal preda.
E di rincontro i Troi: Saldi, o fratelli,
niun s'arretri, per dio! dovesse il fatoqui su l'estinto sterminarci tutti.
Così d'ambe le parti ognuno infiammail vicino, e combatte. Il suon de' ferri
pe' deserti dell'aria iva alle stelle.
D'Achille intanto i corridor, vedutoil loro auriga dall'ettòrea lancia
nella polve disteso, allontanatidalla pugna piangean. Di Dïorèo
il forte figlio Automedonte invanoor con presto flagello, ora con blande
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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