Finìan la danzatre saltator che in varii caracolli
rotavansi, intonando una canzona.
Il gran fiume Oceàn l'orlo chiudeadell'ammirando scudo. A fin condotto
questo lavoro, una lorica ei feceche della fiamma lo splendor vincea;
poi di raro artificio un saldo e vagoelmo alle tempie ben acconcio, e sopra
d'auro tessuta v'innestò la cresta.
Fur l'ultima fatica i bei schinieridi pieghevole stagno. E terminate
l'armi tutte, il gran fabbro alto levolle,
e al piè di Teti le depose. Ed ella,
co' bei doni del Dio, come sparvieroratta calossi dal nevoso Olimpo.
LIBRO DECIMONONO
Uscìa del mar l'Aurora in croceo velo,
alla terra ed al ciel nunzia di luce,
e co' doni del Dio Teti giungea.
Singhiozzante da canto al morto amicotrovò l'amato figlio a cui dintorno
ploravano i compagni. Apparve in mezzol'augusta Diva, e strettolo per mano,
Figlio, disse, poiché piacque agli Deila sua morte, lasciam, benché dolenti,
che questi qui si giaccia; e tu le bellearmi ti prendi di Vulcan, che mai
mortal non indossò. - Così dicendo,
le depose al suo piè. Dier quelle un suonoche terror mise ai Mirmidóni: il guardo
non le sostenne, e si fuggîr. Ma comele vide Achille, maggior surse l'ira,
e sotto le palpèbre orrendamentegli occhi qual fiamma balenâr. Godea
trattarle, vagheggiarle; e dilettatodel mirando lavor, si volse, e disse:
Madre, son degne del divino fabbroquest'armi, né può tanto arte terrena.
Or le mi vesto; ma timor mi gravache nelle piaghe di Patròclo intanto
vile insetto non entri, che di vermigenerator la salma (ahi! senza vita!
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Oceàn Teti Dio Olimpo Aurora Dio Teti Diva Vulcan Mirmidóni Achille Patròclo
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