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      l'agitando, si volse all'aggressore.
      E nel vulcanio scudo o nell'elmettoavventato l'avrìa, ma senza offesa,
      e a lui per certo del Pelìde il brandotogliea la vita, se di ciò per tempo
      avvistosi Nettunno, ai circostanticelesti non facea queste parole:
      Duolmi, o numi, d'assai del generosoEnea che domo dal Pelìde all'Orco
      irne tosto dovrà, dalle lusinghemal consigliato dell'arciero Apollo.
      Insensato! ché nulla incontro a mortegli varrà questo Dio. Ma della colpa
      altrui la pena perché dee patirlaquest'innocente, liberal di grati
      doni mai sempre agl'Immortali? Or viamoviamo in suo soccorso, e s'impedisca
      che il Pelìde l'uccida, e che di Giove
      l'ire risvegli la sua morte. I fatidecretâr ch'egli viva, onde la stirpe
      di Dardano non pera interamente,
      di lui che Giove innanzi a quanti figlialvo mortal gli partorìo, dilesse:
      perocché da gran tempo egli la gentedi Prìamo abborre, e su i Troiani omai
      d'Enea la forza regnerà con tuttide' figli i figli e chi verrà da quelli.
      Pensa tu teco stesso, o re Nettunno,
      Giuno rispose, se sottrarre a morteEnea si debba, o consentir, malgrado
      la sua virtude, che lo domi Achille.
      Quanto a Pallade e a me, presenti i numi,
      noi giurammo solenne giuramentodi non mai da' Troiani la ruina
      allontanar, no, s'anco tutta in cenereTroia cadesse tra le fiamme achee.
      Udito quel parlar, corse per mezzoalla mischia e al fragor delle volanti
      aste Nettunno, e giunto ove d'Enea
      e dell'inclito Achille era la pugna,
      una sùbita nube intorno agli occhidel Pelìde diffuse, e dallo scudo
      del magnanimo Enea svelto il ferrato


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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