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      entrò il Pelìde nella calca, e il duropugilato propose. Addur si fece
      ed annodar nel circo una gagliardainfaticabil mula, a cui già il sesto
      anno fiorìa, non doma, ed a domarsimalagevole: premio al vincitore.
      Pel vinto pose una ritonda coppa.
      Indi surse, e parlava: Atridi, Achei,
      ecco i premii alli due che valorosivorranno al cesto perigliarsi. Quegli,
      cui doni amico la vittoria il figliodi Latona, e l'affermino gli Achei,
      s'abbia la mula, e il perditor la coppa.
      Disse, e un uom si levò forte, membruto,
      pugilatore assai perito, Epèo,
      di Panope figliuol. Stese alla mulacostui la mano, e favellò: S'accosti
      chi vuol la coppa, ché la mula è mia.
      Niun degli Achivi vincerammi, io spero,
      nel certame del cesto, in che mi vantoprestantissimo. E che? forse non basta
      che agli altri io ceda in battagliar? Non puotea verun patto un solo esser di tutte
      arti maestro. Io vel dichiaro, e il fattoproverà ciò che dico: al mio rivale
      spezzerò il corpo e l'ossa. Abbia vicinomolti assistenti a trasportarlo pronti
      fuor della lizza da mie forze domo.
      Tacque, e tutti ammutiro. Eravi un figliodel Taleònio Mecistèo, di quello
      che un dì nell'alta Tebe ai sepolcraliludi venuto del defunto Edippo,
      tutti vinse i Cadmei. Costui di nomeEurïalo, e guerrier di divo aspetto,
      fu il solo che s'alzò. Molto dintornogli si adoprava il grande Dïomede,
      e co' detti il pungea, lui desïandovincitore. Egli stesso al fianco il cinto
      gli avvinse, e il guanto gli fornì di durocuoio, già spoglia di selvaggio bue.
      Come in punto si furo, ambi nel mezzo


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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