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      Quindi le parti chiare dell'oggetto sono oscure nella prova, e viceversa. Per fissare l'imagine, ossia renderla inalterabile alla luce, bisogna sciogliere i sali non ancora decomposti; e però si tuffa la carta in un bagno d'iposolfito di soda, o di bromuro di potassio; poi si lava e si asciuga. Se non che la carta, essendo fibrosa, non è adattata quanto le lastre metalliche alla riproduzione delle linee più fine; ed i contorni delle imagini rimangono un poco sfumati. E però si sono fatti molti studii per evitare tale difetto.
      Prima si propose di adoperare carta incerata: siccome per altro la cera impedisce che la carta s'imbeva dei liquidi, però le fu sostituita la gelatina. Ma la maggior finezza l'ottenne nel 1847 pel primo Niepce di Saint-Victor, nipote del sopra lodato, adoperando il vetro albuminato nella maniera che passiamo ad accennare. Si ricuopre la lastra di uno strato di liquido albuminoso, che è formato da chiara d'uovo sbattuta mesciuta ad un centesimo di ioduro di potassio e un quarto d'acqua; poi, quando questo strato è diseccato, la lastra si tuffa per un minuto in un bagno d'argento, contenente, per ogni cento parti d'acqua, 8 di nitrato d'argento, ed 8 d'acido acetico cristallizzabile. Più tardi la lastra si espone alla camera oscura per una ventina di minuti, e quindi vi si fa apparire l'imagine, coll'immergere la lastra in una dissoluzioned'acido gallico; e finalmente la si lava con acqua pura, e si fissa tenendola immersa nell'iposolfito di soda. Ma una lastra albominata deve stare esposta alla luce troppo tempo: viene quindi opportuno il metodo celerissimo proposto nel 1851 da Archer in Inghilterra.


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Elementi di Fisica Universale
Parte Seconda. Volume Secondo
di Francesco Regnani
Stamperia delle incisioni zilografiche Roma
1863 pagine 428

   





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